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MEZZI DI COMUNICAZIONE E 11 SETTEMBRE

Di Alessia Gianaroli

Gli obiettivi degli attentati terroristici succedutisi negli ultimi anni sono stati luoghi considerati fino ad allora sicuri, simboli di benessere, di tecnologia e di divertimento. In pochi istanti tutto ciò che abitualmente è sempre stato caratterizzato da accezioni positive si è trasformato in terrore ed angoscia. Tale alterazione di connotazione ha generato un forte senso di insicurezza e sentimenti di paura nella maggior parte della popolazione mondiale.

Oggi una delle opinioni più diffuse è che nessun luogo può garantire la tranquillità. Conseguentemente, si è costretti giorno dopo giorno, a revisionare la mappa mentale che ci si è costruiti del mondo. Azioni abitudinarie come, per esempio, prendere il treno per andare al lavoro in un giorno qualsiasi, possono diventare pericolose. È probabile, quindi, che la realtà quotidiana assuma una forma diversa: quella di uomini e donne minacciati da altri uomini e donne dei quali a malapena se ne conosce l'esistenza.

Forse più gli americani che gli europei risentono di queste modificazioni, perché si devono confrontare con un'altra nuova rappresentazione della realtà. Gli Stati Uniti d'America con la vittoria della Seconda Guerra Mondiale o della Guerra del Golfo ad esempio, si sono sempre posti come salvatori degli oppressi e risolutori delle ingiustizie. Vedere le immagini di popoli del Medio - Oriente che bruciano la bandiera a stelle e strisce e che festeggiano la riuscita degli attentati, vuol dire prendere coscienza che questo ruolo non è amato da tutti; anzi, sembra proprio essere l'ostilità verso la nazione statunitense uno dei sentimenti che più chiaramente scorre tra i popoli arabi.

I mezzi d'informazione hanno un ruolo non indifferente nel mutamento della costruzione dell'immagine del mondo. Tramite un'incessante spettacolarizzazione della tragedia umana hanno contribuito e continuano a farlo tuttora, ad amplificare il senso di insicurezza e paura. I media forniscono la loro visione (probabilmente guidata da scelte politiche e necessità di network) dell'"altro”, dell'uomo arabo, caratterizzandolo negativamente. Di conseguenza l'esperienza mediatica diventa un'esperienza mediata, dove la percezione degli eventi e di se stessi, come popolo o singolo, è continuamente alterata e multiforme.

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